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Il sito di Antonio Sarti
che vorrebbe far politica
ma nessuno lo vuole
perché troppo genuino...
forse ingenuo... quindi non gestibile!!!

Tentero' di scrivere, online, un libro che tratti di problematiche italiane , sociali, economiche, politiche.

OVVERO: QUALI LE CAUSE DI QUESTI ATTUALI  EFFETTI.

                   PREFAZIONE

 

      Inerentemente l’analisi che mi sono proposto di fare, circa la situazione attuale, ritengo che il termine scandito dal vile e proditorio attentato alle Twin Towers, dell’11 Settembre 2001, possa essere uno dei possibili traguardi cui fare riferimento; naturalmente come punto che può segnare un arrivo, che però può essere anche un punto di partenza, che però può benissimo essere anche un semplice cronologico momento di riferimento.

      Praticamente, quella data è sicuramente un momento ben preciso, ma non definivo.

      Il punto di partenza invece, abbastanza preciso, del momento storico che intendo analizzare, è quello determinato dalla seconda guerra mondiale.

      Naturalmente il luogo di riferimento, per questa mia analisi socio-economica-politica è l’Italia; quel povero ex Bel Paese cui appartengo. Ovvero, quella nazione che il buon Dio, o chi per Lui, ha creato nel migliore dei modi, dotandola di luoghi incantevoli, siano questi montani che collinari che marini, e soprattutto dotandola di esseri umani che, non me ne vogliano “gli altri”, pieni di creatività, di innegabile intelligenza (a volte sin troppa) e di gran voglia di lavorare….. non proprio tutti, ma per la stragrande maggioranza degli italiani questo discorso vale. Non c’è bisogno di andare a scomodare la storia dell’umanità; sappiamo tutti benissimo che nel nostro bacino c’è stato il massimo sviluppo di ogni civiltà. Non solo capace di adeguarsi ai varii periodi, ma soprattutto, e questo è l’aspetto maggiormente importante, capace di superare tutti quei momenti che, invece, altre popolazioni, o civiltà che dir si voglia, non sono state capaci. Anzi, a volte addirittura annientandosi.

      Tutte ovvietà, però…… se vi pare poco!

      Riassumendo definirei quel periodo, di poco più di cinquant’anni ( che va dalla fine della seconda guerra mondiale ai primissimi anni del terzo millennio) come il periodo, che nella storia di tutti i tempi in una concentrazione temporale tutto sommato brevissimo, ove si sono visti e verificati i massimi sviluppi scientifici, tecnologici, sociali, industriali, inventivi… e chi più ne ha più ne metta.

      Se vogliamo andare a ritroso nel tempo, potremo tranquillamente notare che lo sviluppo che si è generato in questo mezzo secolo, non è paragonabile a nessun altro periodo storico. Un intero periodo egizio, maya, giusto per fare il giro del mondo, o altro, durato ognuno alcuni millenni, può essere confrontato a malapena con pochissimi anni, se non solo una manciata di mesi di questo cinquantennio.

      Capirete quindi come sia necessario stabilire un punto ben fermo per condurre un’onesta analisi che ci possa permettere di ottenere quei giusti criterii sui quali elaborare poi il nostro futuro.

      Oggi viviamo una certa situazione data da ben determinate cause, se le analizzeremo nel più onesto e migliore dei modi potremo così ottenere degli effetti che potranno essere conseguentemente buoni, se poi vogliamo continuare a fare i furbi ed i disonesti, beh! Non lamentiamoci se i nostri figli verranno a fare la pipì sulle nostre tombe.

      E’ evidente che descriverò le cose da un punto di vista personale e le mie opinioni saranno del tutto opinabili, l’unica cosa sulla quale non ammetto e non ammetterò discussione alcuna, è la mia buona fede unita ad una onestà morale che mi farebbe piacere vedere più diffusa.

      Peccato che in tutto questo progredire, che innegabilmente ha contribuito in maniera preponderante ad un generalizzato benessere dell’umanità mai visto prima, ci sia una fattore dai risvolti estremamente negativi: L’uomo. Anche la donna sia ben chiaro, anzi…

      Prima di continuare, e prima che me lo rinfaccino altri, ammetto quel benessere di cui parlavo poc’anzi, non è effettivamente distribuito, spalmato in egual misura su tutto il Pianeta; è, senza dubbio alcuno, vero che questo stato favorevole è disseminato un po’ a macchia di leopardo. Ci sono popoli che godono di determinati privilegi, ed altri che ancora oggi soffrono addirittura la fame; ma, se ci spogliamo per un momento di quel buonismo, che non è detto che sia sempre un termine dal valore positivo, e vestiamo i panni di un moderato cinismo, che non è detto che sia un termine dal contenuto sempre negativo, vedremo che andando a ritroso nel tempo, e neanche esageratamente tanto, c’è un punto, quello dal quale siamo partiti noi, i “benestanti” che ci vede alla pari con i “disagiati”. Insomma per farla breve: qualcuno dovrà pur ammettere che mentre alcuni si rimboccavano le maniche e progredivano, talaltri si accontentavano di staccare un frutto dal ramo e fare figli. E oggi quelli che si sono spaccati la schiena per crearsi determinate situazioni sono chiamati, in nome di una non meglio specificata solidarietà a dividere i frutti del proprio lavoro, con quelli che, manco per caso, hanno mai pensato di darsi da fare! Eh no! Troppo comodo. Come è troppo comodo per alcuni, generalmente in belle giacche e belle cravatte, assalirci nei nostri sentimenti, farci sentire dei vermi perché non siamo solidali. Comincino loro a fare i solidali rinunciando ad una parte di quel superfluo di cui godono.

      Inciso nell’inciso; provo a definire, secondo me, cos’è la solidarietà, l’esempio sarà banale, ma credo possa rendere il senso.

      Poniamo il caso che con il mio lavoro riesca ad avere dei buoni frutti, sia in effetti che in senso lato; con questi mi sazio e riesco a saziare anche la mia famiglia. Alla fine mi rendo conto che di questi frutti ne ho in abbondanza; a questo punto i percorsi sono due: Nel primo li lascio marcire. Nel secondo li dono a chi ne può aver bisogno. Se li lascio andare a male sono una carogna. Se invece dono quel che mi sopravanza ho dato solidarietà.

      Penso che con questo concetto, miserevolmente banale e che comunque dovrà essere preso per grandi linee, ho dato un chiaro significato alla parola: Solidarietà.

      C’è però un’altra situazione che merita un po’ di considerazioni: Quei bellimbusti di cui sopra, tutti belle giacche e belle cravatte, che in definitiva altro non sono che dei poco nobili mestieranti, non mi dicono di fare come ho descritto sopra, che ripeto mi starebbe anche bene; no, no, loro mi dicono che debbo lavorare di più per dare a quelli che continuano solo a sfornare bocche da sfamare, e loro naturalmente in mezzo a prendere e godere  vantaggi da una parte e dall’altra.

      E questa secondo voi è solidarietà?

      Io penso proprio di no! Io penso che sia vergognoso aspettare la famosa manna dal cielo, che poi dal cielo più che pioggia e neve non viene. Io credo che non sia giusto allungare sempre la mano per chiedere l’elemosina, io credo che le mani siano fatte per ben altro, ad esempio…. per lavorare.

      Se però qualcuno ha delle sfighe, beh! Il discorso cambia, un aiuto lo si deve dare, sempre però che le pretese rimangano entro certi ragionevoli limiti; e sempre che chi vuol fare da tramite non ne approfitti per interessi personali o di gruppo, che poi è la stessa cosa.  Non si possono chiedere, se non pretendere, sacrifici senza essersi minimamente dati da fare, qui si scade nello sfruttamento, altro che solidarietà. Mi fanno pena alcuni personaggi quando, ostentando opulenza, si rivolgono a noi, al grande pubblico puntandoci il dito accusandoci di essere dei biechi egoisti; tralasciando che, la stragrande maggioranza dei soggetti cui le loro prediche sono indirizzate, sono modesti lavoratori che quotidianamente debbono fare i conti con la sopravvivenza, e sempre più sovente con vessazioni di ogni tipo.     

      Vorrei che vi soffermaste un attimo a notare come, questa introduzione che in un certo qual senso voleva essere generalizzata, globale (parola che adesso va’ di gran moda), sia in effetti una situazione che può essere tranquillamente trasportata alla nostra Italia, quel povero, ripeto, ex Bel Paese di cui tutti abbiamo buona memoria. O almeno quelli che come me hanno i capelli bianchi.

      Notate come anche qui in Italia vi siano zone più ricche e alcune meno ricche. E’ indiscusso il fatto che il nord dell’Italia dal punto di vista economico vi sia maggior ricchezza che al sud. Vi prego anche di notare come io parli di minor ricchezza e non di povertà: Non credo che nella nostra nazione vi sia un solo povero che non lo sia per sua scelta.

      Io sono emiliano, bolognese per la precisione, e ritengo di essere stato fortunato a nascere in questa regione ma, si tratta di pura fortuna esser nati in una zona dove l’economia va’, o meglio andava, a gonfie vele?

      Non sarà invece perché dalle mie parti esistono migliaia e migliaia di aziende, piccole, medie, pochissime le grandi?

      Ma chi sono queste aziende che hanno fatto crescere il benessere in questa parte della Nazione?

      Uomini!

      Ecco chi sono queste aziende. Nulla di più di e nulla di meno di persone che, rimboccandosi le maniche ed a dispetto dei santi, leggi politica, hanno lavorato con la testa bassa sulla morsa, sul tornio, sull’aratro, dove volete voi, ma comunque sempre con le mani che facevano qualcosa, e la testa che spesso la notte pensava invece di dormire.

      Non a caso poco sopra ho tirato in ballo la politica, perché una delle bestemmie che maggiormente mi ha sempre infastidito, è stata quella che moltissimi politici locali, quelli che da oltre un cinquantennio ci dominano, e purtroppo non solo localmente, si fanno belli dicendo che se qui in Emilia e Romagna esiste un certo benessere, un certo tenore di vita, questo è da ascriversi a loro ed alla loro amministrazione. Ecco questa è una cosa che mi fa’ contorcere le budella, mi fa’ ribollire il sangue!

      Una considerazione per tutte: Vorrei vedere se quello sviluppo che c’è stato qui da noi, e non solo, sarebbe ancora possibile dopo mezzo secolo di comunismo e peggio ancora di catto-comunismo.

      Difatti, che cosa vediamo? Invece di continuare a progredire, economicamente parlando, vediamo sempre più piccole aziende, capro espiatorio nazionale, e che invece sarebbero il nerbo vitale della nazione come universalmente ci viene riconosciuto e possibilmente copiato, che chiudono. Grandi aziende che: O trasmigrano in paesi ove sia possibile intraprendere o chiudono anch’esse. Oppure altre aziende che si fanno sostenere dallo stato, col tramite dei sindacati e della politica.

      Ecco qual è la situazione attuale, locale e quasi nazionale. Sono pronto a sostenere qualsiasi confronto.

      E qualcuno pensa che uno come me, ma chissà quanti altri ce ne sono nella medesima situazione, dopo aver avuto e spesso sofferto un’aziendina per 28 anni non provi il desiderio di sciacquarsi la bocca?

      Eeeh no!

      Confesso che ho tentato di fare politica, ma poi un bel giorno ho capito perché nessuno mi voleva, anzi; ero e sono un povero Don Chiscotte, uno stupidotto di idealista, alla larga da uno come me. Non c’è posto nella nostra politica di uno che, come me, intende affrontare i problemi con l’intento di risolverli coscienziosamente e con criterio, nella nostra politica c’è posto solo per quelli che sono l’opposto, l’esatto contrario di quello che sono io. Uno come me, con i suoi ideali, in questa politica può fare solo dei danni, alla larga da quei fessacchiotti come me che pensano al buon andamento dell’economia, del sociale, e allora cosa mi rimane da fare? La mia rabbia, il mio veleno, me li tengo tutti dentro?  No e poi ancora no! La mia risciacquatura di bocca la metto tutta in questo libro, che se mai vedrà la fine, con ogni probabilità sarà il primo e l’ultimo. Spero che molti lo leggeranno, ma ancor più spero di aver assolto ad un impegno: Quello di aver espresso delle idee, delle opinioni che possono essere condivise. Il successo maggiore sarebbe che, questo mio sfogo riuscisse a penetrare in tutte quelle menti, che per pigrizia o per interesse o per mancata conoscenza sono lontane mille miglia da quel benché minimo buon senso che, ripeto, in buona fede ho cercato di promuovere. 

      Buona lettura. 

     

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