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Il sito di Antonio Sarti
che vorrebbe far politica
ma nessuno lo vuole
perché troppo genuino...
forse ingenuo... quindi non gestibile!!!

COSÌ LA PENSAVO GIÀ UNA VENTINA D’ANNI FA

      Nella fotocopia che segue  è rappresentata la copertina di un giornalino emanato dalla Confartigianato Bolognese negli anni “90. E’ difatti datata Aprile 1993. In esso è pubblicata una mia lettera, che di seguito riporterò. Dichiaro comunque che mi ci volle più di un anno per farla pubblicare; d’altronde visti i contenuti, aspramente critici nei confronti delle associazioni, non è certo difficile comprendere che la malavoglia di propagandare certe idee per “loro” sovversive non era poi così latente.

      Vorrei far notare, con una evidentissima sottolineatura in rosso, che a tutt’oggi, siamo quasi nel 2008, quei problemi denunciati 15-16 anni or sono, ma pensati tanto tempo prima, sono attualissimi: NULLA E’ CAMBIATO! E QUEL CHE E’ CAMBIATO E’ CAMBIATO IN PEGGIO!!!.... Sarà cacofonico, ma di certo è vero e reale.

TESTO DELLA LETTERA PUBBLICATA

Caro Collega,

      chi scrive è un artigiano quarantottenne iscritto all’albo dall’inizio del 1970; sono quindi ventitré anni che sono “sulla piazza”. Per questo credo di poter dire la mia con cognizione di causa; e sempre per questo ti chiedo con tutta cortesia di voler leggere attentamente quanto segue, che non è, credo, un mio particolare lamento ma, un insieme di problemi che riguarda tutta la nostra categoria, e non solo.

      Prima di incominciare a dare colpe vorrei, per correttezza, che anche noi però ammettessimo le nostre responsabilità: abbiamo sempre lavorato a testa bassa senza mai preoccuparci di curare direttamente i nostri interessi, fossero questi: Fiscali (tasse varie dalla salute all’Iaciap, Irpef, detraibilità varie ecc.), Normative Generali (dai rapporti con le Usl, alle bolle di accompagnamento obbligatorie, con l’ultima trovata di indicare anche in lettere i quantitativi  (certo che essere trattati da delinquenti da un intera classe politica che sarebbe meglio si facesse dei grandi e seri esami di coscienza è veramente il massimo), Normative del lavoro (dai rapporti con le preture del lavoro, coi sindacati, coi costi del lavoro), ecc., ecc…

      Mi voglio fermare qui!

      Non per mancanza di argomenti ma, perché credo di aver già messo abbastanza carne al fuoco, e risolvendo quanto sopra, dico che potremmo già considerarci a cavallo.

      Ho scritto che dobbiamo recitare il Mea Culpa, chiarisco il perché.

      Noi tutti ci siamo rivolti alle nostre associazioni prevalentemente per necessità contabili, peraltro credo che le prestazioni reseci non siano male, anche se costosette ma, per ottenere questo non abbiamo considerato nel modo giusto quel che comportava la sottoscrizione di una tessera: e qui cominciano i dolori.

      Questo semplice atto ci ha di fatto messo in mano ad una classe dirigente, la nostra, che secondo il mio modestissimo parere non ci rappresenta in modo soddisfacente; a proposito dei nostri “sindacalisti”, vorrei dei chiarimenti, chi è che firma i contratti di lavoro per noi?

      Chiunque siano e qualunque possa essere la risposta resta, comunque il fatto che chi firma per noi, o ci rappresenta in un qualche modo, non svolge assolutamente il compito assegnatogli, e per questo va sollevato dall’incarico. Basta constatare quello che fanno e ottengono i sindacalisti dei lavoratori e poi facciamo dei paragoni.                                                                                                         Questo rimprovero l’ho mosso da diversi anni e la costante risposta a giustificazione che ho ottenuto è più o meno sempre la stessa:

      “Prova tu a indire assemblee o riunioni di artigiani”!

      “Vedrai che non si presenta nessuno”!

      E’ vero?

      E’ mai possibile che non si riesca a mobilitare una categoria di persone quando sono in atto minacce tali da pregiudicare l’esistenza di una miriade di piccole aziende?

      E’ vero che gli artigiani sono così insensibili che non si rendono disponibili quando sono in gioco problematiche che possono trasformarsi in autentici capestri dove si gioca al nostro massacro???

      Mi rifiuto categoricamente di accettare questa giustificazione. Io ritengo e ne sono convinto che, se chi è stato delegato a svolgere questo tipo di lavoro sindacale non è capace di scuotere colleghi artigiani per manifestare nei modi consentiti, quando si prospettano dei problemi, questi non è all’altezza del compito assegnatogli.

      Dove erano i nostri dirigenti quando un certo on. Vicentini ci impose una contabilità talmente complicata che ci costrinse ad avvalerci di servizi costosissimi, mentre prima con poche ore al mese, e di facile fattura, potevamo pensarci da soli.

      Voglio credere che questa assenza non fosse proprio mirata in questo senso.

       E i nostri rapporti con le Usl?

      Sembra che siamo dei delinquenti!

      E’ vero che per decenni non siamo stati educati a certe problematiche ambientali, però è altrettanto vero che dalla sera alla mattina siamo stati investiti da questo ciclone che chi più chi meno, ci ha portati nelle preture, sempre perdenti e così adesso abbiamo anche le fedine penali sporcate?

      A livello dei ladri o dei truffatori: mi sembra giusto, se siamo così cretini di essere degli onesti lavoratori penso che non ci meritiamo altro!

      Anche qui: silenzio, come per l’estensione alle piccole aziende dello statuto dei lavoratori. Buona questa, possiamo dividerci da un coniuge ma, non da un “dipendente”; come se noi piccoli imprenditori ci divertissimo a licenziare operai.

Presidente Spalanzani è vero o no?

      E quando andiamo in causa con un lavoratore è mai possibile che abbiamo sempre torto e dobbiamo sempre pagare?

      E il costo del denaro? Cari colleghi, artigiani e non, attenzione a farci abbindolare da falsi problemi, risparmiare qualche punto sul tasso di sconto è si importante ma, il nocciolo della questione sta nel fatto che i “nostri” operai sono tra i peggio retribuiti tra i loro colleghi del mondo occidentale pur essendo i più costosi.

Caro Presidente e dirigenti tutti, Vi corre l’obbligo di dire a tutti che con questo stato di cose non è stato occasionale il fatto di aver trasformato intere nazioni come la Corea, Taiwan, l’Indocina in paesi industrializzati, dall’originaria condizione agricola: va bene così? Ok! Però attenzione,  per noi di lavoro ce ne sarà sempre meno. Chi se ne frega se molti piccoli o medi imprenditori hanno chiuso o chiuderanno? E’ giusto così? E gli operai? Possiamo continuare a pagare montagne di quattrini a fronte di niente? Non possiamo permetterci il lusso di pagare eserciti di lavoratori in cassa integrazione e far fare il lavoro di questi all’estero. Poi magari fanno un secondo lavoro a scapito di altri. Un esempio che vale per tutti: la Fiat mette in cassa integrazione migliaia di operai e le sue macchine le facciamo in Brasile, una volta in Spagna, adesso la Nuova Cinquecento in Polonia. Così oltre che dover sostenere delle spese mostruose, per la cassa integrazione esportiamo tecnologia e marketing che poi ci ritornano in veste concorrenziale.

      Sia ben chiaro che non ho alcun preconcetto per queste popolazioni, sia ben chiaro che questo non è altro che un esempio che può calzare benissimo anche in altri migliaia di casi analoghi; invece di fare automobili faranno bambolotti, o altro ancora. La sostanza non cambia.

      Ma, cari colleghi toglietemi una curiosità: chi paga tutto questo? Vogliamo renderci conto che tra non molto non avremo più neanche gli occhi per piangere? E allora sarò curioso di vedere dove andremo a prendere i soldi per le pensioni, per la sanità, per le ferrovie ecc… ecc… Li stamperemo?

      Prima che questa lettera diventi un comizio voglio dare un ultimo avvertimento e una preghiera ai miei amici artigiani (sì perché se qualcuno mi ha sopportato fino qua, penso sia proprio un amico): diamoci da fare, forse siamo ancora in tempo.

      Se questo ci porterà a perdere un po’ di tempo: pazienza! Non vorrei che andando avanti di questo passo, di tempo ne avessimo poi troppo. Svegliamoci e scrolliamoci di dosso tutti quei personaggi che non sono in grado di rappresentarci. Siamo noi il nerbo vitale della nazione e abbiamo tutte le carte in regola per farci valere meglio e di più di quei grossi industriali che hanno già stracoperto il mazzo; e quando un certo D’Antoni dice per televisione “questa mattina sono andato da Amato perché il sindacato vuole la Minimum Tax”, denunciamo tramite dei buoni e attenti dirigenti che questo non è né corretto né ammissibile. Non so fino a che punto questo giornalino possa essere seguito e nel caso quali possano essere i risultati, resta comunque il fatto che è indispensabile ed indifferibile fare qualche cosa, all’occorrenza potremmo sempre far suonare il tam-tam come fecero gli autotrasportatori ed i benzinai; almeno tentiamo.

      Tanti cari saluti e….. sveglia.

                                                                                                             Antonio Sarti  

   

 

 

 

……………qualcuno mi dica dove sbagliavo ieri, e dove sbaglio oggi nel pensarla sempre così, quando non peggio

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